Intervista a Guglielmo Ferro
Buongiorno Guglielmo, prima di tutto grazie per la tua disponibilità e in considerazione del fatto che hai accettato di diventare primo Ambasciatore dei GTI, Giovani Tennisti Italiani, proviamo a farti conoscere meglio ai nostri ragazzi rivolgendoti alcune domande
In questo momento hai qualche lavoro in corso d’opera?
Ho appena finito “Le cucine di Camilleri”. Una manifestazione organizzata nei luoghi del commissario Montalbano, con la collaborazione della RAI, Slowfood, Fondo Camilleri e Mirabilia, per festeggiare i 100 anni dalla nascita di Andrea Camilleri
Stai programmando qualche progetto futuro?
Sto preparando il mio prossimo spettacolo, “ Indovina chi viene a cena”, con Cesare Bocci e Vittoria Belvedere. Lo potrete vedere da ottobre in tournèe in molte città italiane.
Quale dei tuoi lavori ti ha portato maggiori soddisfazioni al di la’ del successo di pubblico e critica?
Io sono molto appassionato della drammaturgia di lingua inglese. Sicuramente due degli spettacoli che ho amato di più sono stati “Servo di scena” con mio padre e “Moby dick” con Moni Ovadia.
Sappiamo che sei figlio d’arte. Il tuo stile è stato in qualche modo influenzato o, meglio, ispirato da quell’immenso attore che è stato tuo padre Turi?
Sicuramente si. Per me avere avuto un padre come il mio è stato un privilegio. Mi ha insegnato tutto, ma in silenzio, senza mai una parola di troppo, o una presenza invasiva. Molti figli d’arte hanno sofferto della figura ingombrante dei genitori, io ne ho goduto e il merito va tutto a lui e al suo gusto e al suo equilibrio
Turi Ferro. Guglielmo perdonami ma non posso non dirtelo: ho ancora negli occhi Canonico Lupi in Mastro Don Gesualdo, in bianco e nero. Emozione pura;
Era ed è un gigante del teatro, ha vissuto un periodo indimenticabile del nostro movimento, dove insieme a lui c’erano molti altri attori e attrici immensi. Mancano tutti molto, manca la serietà, il talento, ma manca soprattutto il rigore morale per una professione che si riteneva sacra e incorruttibile.
Torniamo a noi, dalla regia al tennis. Che rapporto hai con il nostro sport? Sei un giocatore di buon livello?
Sono stato un giocatore di livello discreto, ero molto meglio a calcio, ma il mio amore è stato ed è il tennis. Era il periodo di Borg e McEnroe. Ho giocato agonisticamente sino ai 17 anni, poi ho “approfittato” di un incidente in moto, dove mi ruppi la clavicola, per giocare 4 anni a calcio, con discreti risultati. Continuo a guardare e a frequentare i tornei di tennis.
Hai una figlia tennista fortissima, Galatea;
Galatea ha avuto una bella carriera Juniores, che vale sino a un certo punto. Ora arriva il difficile, ma sono felice perché lei ama quello che fa e questo la rende felice. Da noi le ragazze maturano un bel po’ dopo, rispetto a quelle dell’est. Da professionisti resistere anni in posizioni di classifica basse è molto complicato e in questo bisogna essere presenti e cercare di migliorare, senza affrettare i tempi necessari.
Quando Galatea è in campo partecipi emotivamente? In che misura? Insomma a bordo campo che padre sei?
Sto imparando, ritornando indietro sarei certamente più bravo e più utile. Ma diciamo che sia io che mia moglie, abbiamo cercato di fare il nostro meglio, nel limite del possibile e delle nostre capacità. Col senno di poi, qualche silenzio in più, al posto di qualche rimprovero o di qualche lode. Il tennis rimane uno sport di persone sole in un campo, devi imparare a trovare dentro di te le forze necessarie. Un po’ come gli attori.
Secondo te quanto conta la famiglia nella crescita di un giovane campioncino? Nel tuo caso campioncina?
La famiglia è fondamentale, bisogna controllare, con discrezione, ma bisogna controllare. In questo sport girano tanti soldi e dove ci sono tanti soldi ci sono grandi interessi. Il tennis è uno sport giocato da ragazzi, ma gestito da adulti e dove ci sono gli adulti di solito ci sono guai. Non possiamo lasciarli soli in questo percorso. Ovviamente con tutta la discrezione possibile e senza mai farsi venire voglia di protagonismo. Un vigile controllo nelle retrovie.
Pensi che il supporto che la Federazione fornisce ai nostri giovani sia sufficiente? Apporteresti qualche correttivo?
Galatea, mia figlia, è stata molto aiutata dalla federazione, negli ultimi 2 anni è stata nel Centro Olimpico di Formia, con Vittorio Magnelli e Marco Gilardini come coach. E’ stato un aiuto prezioso, che ha permesso a Galatea di fare esperienze importanti. Tutto è migliorabile ovviamente, l’unica cosa che mi sento di dire è quella che a livello giovanile, forse i risultati non sono più importanti del profilo potenziale dell’atleta. Ma questo dei risultati è un problema che accomuna tutte le federazioni. La federazione francese aveva scartato la metà dei tennisti e delle tenniste che poi sono diventati pro a causa dei risultati ottenuti da juniores.
Hai accettato il ruolo di “Ambasciatore dei GTI Giovani Tennisti Italiani”, cosa che ci riempie di orgoglio;
Orgoglio reciproco. Per me è un onore.
Cosa pensi di questa iniziativa per i giovani tennisti?
Il tennis è uno sport molto costoso e tutti i ragazzi devono avere le stesse possibilità. Quindi qualsiasi aiuto è importantissimo. Quando poi ci sono progetti importanti come il “nostro” , il minimo che si possa fare è aderire con entusiasmo.