Intervista a Irene Lavino
Irene Lavino, calabrese, 1257 WTA, best ranking 821 WTA. Timing, tocco e intensità. Irene a che età hai iniziato a giocare a tennis?
Ho iniziato a cinque anni;
Dove ti alleni in questo momento?
In questo momento non mi sto allenando in quanto ho smesso di giocare a tennis nell’ottobre dello scorso anno. L’ultimo anno mi sono allenata a Foligno, alla Tennis Training School;
Quante ore al giorno ti allenavi tra campo e palestra?
Mi allenavo tra le quattro e le sei ore al giorno;
Irene un punto sempre controverso, tu ritieni che la parte mentale richieda un allenamento pari alla parte tecnica e a quella fisica?
Assolutamente si;
Quando giocavi avevi uno psicologo dello sport o, come si dice, un mental coach di riferimento?
Si, ho lavorato per circa quattro anni con Stefano Massari, persona splendida e grande professionista. E’ diventato un punto di riferimento sia fuori che dentro il campo, mi ha aiutata molto;
Ci sono state vittime illustri del tuo tennis. Una su tutte la ceka Fruhvirtova, astro nascente del tennis femminile…
Si, mi ricordo quella partita, se non sbaglio era il secondo turno di quali di un 35K, ad Antalya, era inizio anno e il livello era molto alto anche in quali;
Il tuo miglior incontro da professionista?
Forse quello appena citato;
Qual è il ricordo più bello della tua carriera?
Sicuramente giocare sul Pietrangeli durante le pre quali al Foro Italico, anche se ho perso quella partita;
Il ricordo più brutto?
L’ultimo torneo giocato e, probabilmente, l’ultima partita. Avevo gran male al ginocchio durante tutta la durata del torneo. Ricordo che la mattina dei quarti di finale facevo fatica a scendere le scale per andare a fare colazione. Li ho capito di non farcela più e che la salute fisica viene prima di ogni cosa;
Irene, una domanda per i giovani tennisti che ti stanno seguendo. Quando il sole ti appanna la vista, i muscoli “urlano” dal dolore, il match non sta andando come previsto, dove trovi le energie per cambiare l’inerzia della partita? Per dare il colpo di coda risolutivo?
Per quanto mi riguarda è successo dopo una serie di partite “mollate”, quando dopo senti di non aver dato il massimo. In quei momenti pensavo alla sensazione che avrei provato dopo se non avessi dato il massimo e questo mi dava la forza per fare qualcosa in più;
La partita è finita dopo ore di battaglia, hai perso, sei seduta sulla panca negli spogliatoi, fisicamente distrutta, la testa tra le mani, a cosa si aggrappa la tua mente per trovare la forza di iniziare a pensare alla prossima avventura?
Il fatto che nel tennis quasi tutte le settimane hai la possibilità di confrontarti nuovamente e di provare a fare meglio. In ogni caso quel momento dopo una sconfitta va comunque vissuto senza provare a scappare, avendo la consapevolezza che di partire se ne giocano tante e il momento passerà;
Dove ti vedi nel 2030?
Al momento lavoro in alcune aziende di famiglia, a Reggio Calabria. Sono contenta di essere tornata finalmente a casa. Mi vedo qui.
Cosa ti senti di dire ai nostri lettori, i Giovani Tennisti Italiani, dall’alto della tua esperienza?
Le sconfitte non sono così gravi come può sembrare nel momento della sconfitta stessa, nessuno sta li a guardare i vostri risultati e quello che fate;